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La memoria è solo il primo passo nella battaglia contro l’antisemitismo in Italia

27/01/2020

Read the article written by Facing Facts Coordinator Melissa Sonnino  for the Italian newspaper Panorama, addressing the issue of antisemitism in Italy.

Dal 2006, gennaio è diventato il mese della memoria. In tutta Europa, Italia compresa, in questi giorni si susseguono eventi volti a mantenere viva la memoria del capitolo più buio della storia europea del Novecento. Onorare la memoria delle vittime della Shoah è un dovere che, tuttavia, non può e non deve relegare le discussioni sull’antisemitismo solamente al passato.

L’antisemitismo esiste da molto tempo prima della Shoah. Ancora oggi imperversa nella nostra società ed è spesso alimentato dagli stessi stereotipi antiebraici dei secoli passati. È di pochi giorni fa la notizia dell’atto vandalico di Mondovì, dove la porta di casa di una partigiana sopravvissuta ai campi di sterminio è stata imbrattata con la scritta «Juden hier» (qui abita un ebreo). Sono noti i vili attacchi antisemiti contro la sopravvissuta alla Shoah e senatrice a vita Liliana Segre. L’antisemitismo non è meno presente nel nostro quotidiano, è semplicemente celato sotto nuove forme che lo rendono invisibile agli occhi di molti. L’inquietante normalizzazione del fenomeno, la mancanza di denunce da parte delle vittime (il cosiddetto fenomeno dell’under-reporting) e l’incontrollata escalation di odio antisemita online possono considerarsi tra i motivi principali di questa «invisibilità».

L’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance), un’organizzazione nata nel 1998 per divulgare la conoscenza della Shoah, ha redatto nel 2005 una definizione dell’antisemitismo, riconosciuta da più di 30 Stati. Essa sancisce che «l’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio nei loro confronti. Le manifestazioni retoriche e fisiche di antisemitismo sono dirette verso le persone ebree, o non ebree, e/o la loro proprietà, le istituzioni delle comunità ebraiche e i loro luoghi di culto». Inoltre, aggiunge che «le manifestazioni possono comprendere attacchi contro lo Stato di Israele, concepito come collettività ebraica. Tuttavia, le critiche mosse a Israele, simili a quelle nei confronti di qualsiasi altro paese, non possono essere considerate antisemitismo. L’antisemitismo di frequente accusa gli ebrei di cospirare ai danni dell’umanità ed è spesso utilizzato per accusare gli ebrei del fatto che “le cose vanno male”. Esso è espresso in termini di discorso, pubblicazioni, forma visiva e azioni, e utilizza stereotipi sinistri e tratti negativi del carattere».

I risultati della seconda indagine sulle esperienze e percezioni dell’antisemitismo condotta dall’agenzia per i diritti umani dell’Unione Europea FRA (European Union Agency for Fundamental Rights) suggeriscono che gli abusi antisemiti sono così frequenti da essere considerati normali. Secondo lo stesso studio, in Italia il 36 per cento degli intervistati è stata vittima di attacchi antisemiti nei cinque anni precedenti all’indagine. Di questi, quasi l’80 per cento ha scelto di non denunciare gli attacchi subiti, nella convinzione che nulla sarebbe cambiato in caso di denuncia o per non aver considerato l’episodio abbastanza grave da essere denunciato, di fatto lasciando cadere nell’oblio l’accaduto. Gli odiatori antisemiti hanno infine trovato il loro habitat naturale nel web. Secondo la mappa dell’intolleranza sviluppata dall’osservatorio italiano sui diritti (VOX) nel 2019 l’antisemitismo online, quasi inesistente negli anni precedenti, è esploso su Twitter. Di 19.952 tweet che parlavano di ebrei, 4.756 erano positivi e 15.196 negativi. Tra le parole utilizzate come insulto figurano «rabbino», «usuraio», «giudeo», «strozzino», «sionista».

Da questi dati emerge un quadro allarmante che richiede riflessioni costruttive sulle possibili soluzioni del problema. Per essere riconosciuto e combattuto, l’antisemitismo deve essere compreso. Come? La parola chiave è educazione, l’ingrediente principale della ricetta magica del cambiamento culturale che in molti auspicano di vedere nella nostra società. Nelle scuole gli insegnanti dovrebbero avere a disposizione strumenti adeguati per affrontare il tema dell’antisemitismo con gli studenti. L’insegnamento della Shoah non solo non è sufficiente, ma se proposto in maniera errata rischia di instillare negli studenti la convinzione che l’antisemitismo sia un fenomeno del passato e non un problema dei nostri giorni.

Insegnanti formati a saper gestire l’intolleranza e i pregiudizi nelle classi possono fare la differenza in situazioni limite come quelle di una scuola di Arezzo, dove alcuni studenti si scambiavano immagini antisemite e filonaziste terrificanti in una chat di gruppo WhatsApp (https://www.osservatorioantisemitismo.it/episodi-di-antisemitismo-in-italia/chat-di-studenti-dai-12-ai-15-anni-diffonde-immagini-antisemite/). Solo educando le generazioni future alla tolleranza e al rispetto, onoriamo la memoria dei milioni di persone uccise durante la Shoah. CEJI ha collaborato con ODIHR (l’Ufficio per le Istituzioni democratiche e diritti umani) dell’OSCE (l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) alla creazione di 10 schede di supporto per insegnanti che vogliono trattare il tema dell’antisemitismo nelle classi. Le schede sono consultabili sul sito dell’OSCE.

La formazione è un elemento essenziale anche per le forze di polizia, specialmente per quegli operatori che si trovano in prima linea a dover rispondere ad atti criminali a matrice antisemita. Saper riconoscere gli indicatori di pregiudizio antisemita sulla scena di un crimine, è essenziale al fine dell’applicazione delle circostanze aggravanti in fase di giudizio. Al buon operato delle forze di polizia seguirà una maggiore fiducia delle vittime verso le istituzioni, nonché una maggiore probabilità che le denunce aumentino.

Nell’ambito del progetto «Facing Facts», CEJI collabora con l’OSCAD (l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori) istituito presso il Ministero degli Interni italiano. CEJI e OSCAD hanno lavorato insieme allo sviluppo di un corso online sui crimini d’odio per le forze di polizia Italiane. Insieme abbiamo portato avanti un importante lavoro di ricerca, volto a identificare risposte più efficienti al monitoraggio dei crimini d’odio in Italia.

Le istituzioni e la politica tutta hanno dunque il compito fondamentale di rendere l’educazione una priorità nei programmi di governo. L’esecutivo italiano, con un provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri, ha da poco adottato la definizione di antisemitismo dell’IHRA (Alleanza Internazionale per la memoria dell’Olocausto) dotandosi di uno strumento importante per la lotta all’odio antisemita. Insieme alla nomina di Milena Santerini come coordinatrice nazionale per l’antisemitismo, l’adozione della definizione dell’IHRA è il segnale che l’Italia si muove nella direzione giusta, ferma restando la necessità di un cambiamento culturale radicale nel nostro Paese.

Infine, la mancata conoscenza degli ebrei e dell’ebraismo contribuisce in maniera negativa al problema dell’antisemitismo. Un’accresciuta conoscenza del mondo ebraico è il migliore antidoto contro gli stereotipi, le teorie del complotto e altre falsità che alimentano l’odio antisemita. Finché gli ebrei saranno visti come l’altro, come il diverso, ci sarà terreno fertile per il pregiudizio antiebraico.

Si è svolta il 26 gennaio a Livorno la Run for Mem, la maratona per la memoria organizzata dall’UCEI (l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), giunta alla sua quarta edizione. Come spiegato dalla Presidente dell’UCEI Noemi di Segni, ritrovarsi in centinaia, ebrei e non ebrei, in occasione del giorno della memoria in un clima cosi festoso può sembrare insolito. «Prima della Shoah c’era la vita e dopo la Shoah continua ad esserci vita» ha affermato la Di Segni. La partecipazione sentita di centinaia di persone alla manifestazione di ieri dimostra come il valore del contributo ebraico alla società sia riconosciuto e apprezzato. Al di là degli episodi di antisemitismo che inquinano la nostra società, esiste un mondo fatto di persone disposte a dimostrare solidarietà, curiose di conoscere e decise ad abbattere i muri dell’indifferenza e dell’ignoranza. In loro dobbiamo riporre la speranza per un mondo senza antisemitismo.

 

RISORSE UTILI

 

The article first appeared on the website of Panorama on 27th January 2020.